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CORTE SUPREMA DI GIUSTIZIA NOBILIARE ARBITRALE

TNI TRIBUNALE NOBILIARE INTERNAZIONALE DI BARI - MALTA


                             ISTITUTO INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA NOBILIARE / MAGISTRATURA ARBITRALE D'EUROPA                              UNIMOSCOW, GRAN PRINCIPATO DI DOBRYNIA

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Sede Unica di Rappresentanza in Italia

Il Tribunale Nobiliare Arbitrale Internazionale di Bari, Organo Permanente della Corte Suprema Internazionale di Giustizia Nobiliare, composto da magistrati arbitrali e giudici di I grado, è costituito quale servizio altamente specializzato di consulenza tecnico-araldica e legale, per i soci dell’Istituto Internazionale di Giustizia Nobiliare, al fine di dirimere le controversie di natura araldica e nobiliare, e non commerciali, o erogare anche altri servizi quali, per esempio, esprimere pareri pro veritate su quesiti posti su dette materie, organizzazione e promozione di convegni, commissioni, intese con altre istituzioni, nazionali ed internazionali, comunque interessate alla diffusione delle tematiche e procedure nobiliari.

 

La sentenza pronunciata dal Tribunale Nobiliare Internazionale organo permanente della Corte Suprema di Giustizia Nobiliare Arbitrale di Bari, mira ad acclarare, ove l’accertamento giurisdizionale sia stato positivo, lo status nobiliare dell’avente diritto, legittimando giuridicamente la spettanza del titolo nobiliare, del predicato, dello stemma e delle qualifiche, qualora esistenti e configurate.Tale atto di verifica vale come sentenza di accertamento giuridico-storico-nobiliare, dei titoli nobiliari e cavallereschi e degli annessi predicati e connesse spettanze, stemma e qualifiche, siccome refutati o concessi da un sovrano o da un principe pretendente al trono con “fons honorum” accertata giurisdizionalmente. 

 

Sono compromettibili in arbitrato rituale di diritto le controversie patrimoniali consequenziali alle qualità nobiliari o dinastiche. Detti titoli e qualità possono essere riconosciuti soltanto in via incidentale.

 

 

A norma dell’art. 1, paragrafo 2, della Convenzione di New York del 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 19 gennaio 1968, n. 62, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 21 febbraio 1968, n. 46 le decisioni di organismi permanenti arbitrali internazionali debbono essere indicate con il termine sentenza. Tali sentenze arbitrali hanno gli effetti, ex art. 824 bis c. p. c., delle sentenze pronunciate dall'Autorità Giudiziaria della Repubblica Italiana. 

 

Il ruolo delle camere arbitrali è previsto dalla Convenzione di New York del 10-06-1958 e della legge di riforma del diritto dell’arbitrato italiano del 2006. L’art. 832 c.p.c., primo comma, infatti, prevede che la Convenzione d’arbitrato può fare rinvio ad un regolamento arbitrale precostituito. Il Tribunale adotta come proprio regolamento “L’Arbitratione Rules UNCITRAL – Commissione Internazionale di diritto e di commercio delle Nazioni Unite“, deliberato ed approvato dalla risoluzione 31/98 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con i relativi adattamenti alle esigenze di giustizia nobiliare, e ammodernamenti riguardanti l’accertamento giurisdizionale del patrimonio nobiliare, araldico e cavalleresco, escludendo le questioni di natura esclusivamente commerciale che non competono, rispecchiando altresì la prassi moderna dell’arbitrato e tenendo conto del diritto comparato nel campo dell’arbitrato internazionale. 

 

La Corte Suprema di Giustizia Nobiliare Arbitrale di Bari trova la sua legittimità nella Legge italiana di ratifica e di esecuzione della Convenzione di New York del 10-06-1958, ossia nella Legge 19-01-1968 n. 62. Ne deriva l’ulteriore possibilità di esecuzione della sentenza nel territorio degli oltre 100 Stati aderenti alla Convenzione di New York del '58.

 

 

L’art. 2 del R. D. 21 giugno 1929, n. 61, e l’art. 2 del R. D. 7 giugno 1943, n. 651, hanno abrogato “le antiche leggi, disposizioni e consuetudini che, con norme diverse nei diversi stati prima dell’unificazione politica regolavano la concessione, il riconoscimento, la successione, l’uso e la perdita dei titoli e delle distinzioni nobiliari”. La Corte di Cassazione, sezioni unite civili, del 23 gennaio 1969, r. g. n. 2652/67, ha stabilito che “tali articoli di legge conservano indubbiamente anche oggi pieno valore, non potendo essere compresi tra quelli dichiarati costituzionalmente illegittimi, dato il loro carattere abrogativo e restrittivo, anziché strumentale, in materia di riconoscimento di titoli nobiliari”. Conseguentemente, hanno cessato di produrre effetti i regolamenti di esecuzione della legislazione nobiliare. La Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, preso atto “del vuoto legislativo assoluto creatosi in materia; da una parte con l’abrogazione, a suo tempo disposta, dagli antichi ordinamenti nobiliari, che tuttora resta valida ed operante; dall’altra con la dichiarazione di illegittimità costituzionale di tutte le norme della nostra legislazione nobiliare che a tale riconoscimento avrebbero ancora potuto servire”.
 

Il Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, ha riconosciuto (art. 832 codice di procedura civile) per la prima volta l’esistenza delle “istituzioni arbitrali” (camere arbitrali) ed ha dettato alcune disposizioni generali per il caso in cui le parti si affidano ad una istituzione che organizza l’arbitrato. Il principio ispiratore di questa nuova disciplina attribuisce all’istituzione arbitrale il compito di amministrare l’arbitrato con un proprio regolamento precostituito, solo se previsto dalle parti nella convenzione arbitrale. Il Tribunale Nobiliare Internazionale della Corte Suprema di Giustizia Nobiliare Arbitrale amministra gli arbitrati internazionali che hanno per oggetto l’accertamento in via incidentale della spettanza dei titoli nobiliari, con un proprio regolamento. Con questi strumenti le corti arbitrali possono colmare il vuoto legislativo nell’amministrazione delle controversie di natura nobiliare. La sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite del 20 maggio 1965, n. 987, ha stabilito che l’accertamento in via incidentale del titolo nobiliare è compatibile con l’art. 3 della costituzione italiana (principio della parità sociale dei cittadini). Negli accertamenti incidentali, secondo il Supremo Collegio, l’azione principale non è diretta a far dichiarare l’appartenenza di un titolo nobiliare all’attore e ad enunciarne il pubblico riconoscimento, bensì a riconoscere all’attore un diritto patrimoniale o di altra natura che è condizionato, nella sua esistenza, al possesso di uno status nobiliare. In questa ipotesi, come ben rileva la sentenza della Cassazione n. 987/1965, “Non vi è alcun attentato alla pari dignità sociale dei cittadini”, giacché ben possano gli statuti di una associazione privata, le tavole di fondazione di un ente benefico, i regolamenti di vantaggi scolastici, le private disposizioni contrattuali e testamentarie, condizionare l'attribuzione di certi diritti a determinate situazioni obiettive dei destinatari, quale, ad esempio, quella di appartenere ad una famiglia considerata “nobile".

 

L’insigne giurista avv. Giorgio Cansacchi, ordinario dell’Università di Torino, a commento della sentenza della Suprema Corte n. 987/1965, rileva che “l’accertamento preliminare della spettanza di un titolo nobiliare più precisamente dello status nobiliare di una persona [...]” può presentarsi necessario anche per altri fini, all’infuori della cognomizzazione del predicato. Può essere richiesta, ad esempio: per la necessità di constatare il diritto o meno di un soggetto a far parte di una data associazione (se lo statuto della medesima condiziona l’appartenenza del socio al possesso di uno status nobiliare); per constatare il diritto di un soggetto ad ottenere l’ammissione in un collegio, in un ente assistenziale, a godere di una borsa di studio, di un premio in denaro, di certe agevolazioni (allorché le tavole di fondazione dei relativi istituti od i regolamenti disciplinanti questi vantaggi condizionino il diritto del richiedente all’accertamento del suo status nobiliare). La Corte Costituzionale con sentenza 8/7/1967, n. 101, ha dichiarato incostituzionale le legislazione araldico – nobiliare nei limiti in cui ad essa si dà applicazione per l’aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari, ed ha stabilito che la tutela del diritto attribuito dal 2° comma della XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana sotto ogni aspetto deve seguire le regole che il vigente ordinamento detta per la tutela del diritto al nome. La sentenza della Cassazione civile, sezioni unite, 24-03-1969, n. 938, ha testualmente confermato l’incostituzionalità della legislazione nobiliare se usata “quale veicolo per giungere alla cognomizzazione del predicato ex nobiliare [...]”.

 

Il giurista Giovanni Verde nel suo libro “Diritto dell’Arbitrato Rituale”, Giappichelli editore, Torino, 2000, pag. 59, dice che gli arbitrati non possono avere per oggetto l’accertamento delle spettanze nobiliari in via principale, ma “si ammette la possibilità di arbitrato per le controversie patrimoniali consequenziali, ad eccezione di quelle relative agli alimenti”. Si vuole dire che: NELL’ARBITRATO RITUALE L’AZIONE PRINCIPALE NON DEVE ESSERE DIRETTA A FAR DICHIARARE L’APPARTENENZA DI UN TITOLO NOBILIARE, BENSÍ A RICONOSCERE ALLA PARTE UN DIRITTO PATRIMONIALE CHE E’ CONDIZIONATO AL POSSESSO DI UNO STATUS NOBILIARE. Sicché l'accertamento di quest'ultimo viene ad essere compiuto "incidentur tantum”. Il giudicato sostanziale (sentenza passata in giudicato) si estende anche alle questioni non controverse, ma è necessario che su queste ultime il giudice abbia compiuto un vero e proprio accertamento, così necessariamente e inscindibilmente collegato con il dictum finale, da non costituire la semplice affermazione, incidentur tantum, di uno dei presupposti logici della decisione, bensì l’oggetto, esso stesso, della statuizione finale. (Cass. 13-03-2003, n. 3737, rv. 561132).

 

I giudici dell’arbitrato esercitano la funzione giurisdizionale al pari dei giudici ordinari, per questi motivi il Decreto Legislativo 02-02-2006 n. 40, a decorrere dal 02-03-2006, ha stabilito che la sentenza pronunciata dai giudici dell’arbitrato (lodo), ha gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica italiana, ex art. 824 bis c.p.c. Tale formulazione dell’art. 824 bis del codice di procedura civile italiano ha risolto definitivamente i dubbi circa i limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato arbitrale, arrivando ad applicare ad esso i medesimi criteri valevoli per il giudicato statale. Ne segue che la sentenza arbitrale estenderà i suoi effetti anche nei confronti del terzo titolare di situazioni dipendenti. La sentenza arbitrale, ex art. 2908, costituisce modifica o estingue rapporti giuridici tra le parti, i loro eredi o aventi causa (cass. 15-03-1995, n. 3045, rv 491188) e l’accertamento contenuto nella sentenza pronunciata dai giudici dell’arbitrato passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, come per le sentenze ordinarie (Cass. Civile, sezione III, 29 maggio 1980, n.3552).
 

La Legge di riforma n° 218 del 31.5.1995, del sistema italiano di diritto internazionale privato (e processuale), all’art. 64, primo comma, afferma testualmente che: “La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.”; per cui ai fini della sua esecutività non è più necessario ricorrere ai procedimenti speciali dell’omologa presso il tribunale ordinario.

 

La decisione di riconoscimento, emanata dalla Corte, può essere pubblicata sugli organi di stampa appropriati, in particolare nei Bollettini Ufficiali Regionali della Gazzetta Ufficiale Italiana.

 

La Corte si richiama espressamente alle norme del classico Diritto Nobiliare italiano ed internazionale, alle Regie norme e disposizioni, e alla successiva Giurisprudenza in materia araldico-nobiliare-cavalleresca.

 

I predicati dei titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome, giusta XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana.

 

I titoli, i predicati, le qualifiche e gli stemmi nobiliari sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto.

 

Sono riconosciuti in via incidentale i titoli di principe, di duca, di marchese, di conte, di visconte, di barone, di nobile, di signore, di cavaliere ereditario, di patrizio e di nobile di determinate città; le qualità di Altezza Imperiale, di Altezza Reale, di Altezza Serenissima, di Capo di Casa Sovrana e di Gran Maestro di Ordine Equestre.

 

Non si riconoscono in via incidentale distinzioni nobiliari se non si possa giustificare l’originaria concessione.

 

Il diritto al riconoscimento in via incidentale di una distinzione nobiliare o dinastica non si estingue per decorso di tempo.

 

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Presidenza del Tribunale Nobiliare Internazionale:

SAS Contessa Daniela Lamanna              di Dobrynia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Pubblicazioni e servizi editoriali
Organi di pubblicazione informativi dell’Istituto Internazionale di Giustizia Nobiliare sono:

- i vari Bollettini Ufficiali Regionali della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;
- la "Gazzetta Ufficiale di Giustizia Nobiliare", notiziario ufficiale e associativo della Corte;

- il periodico “Imperial” (cartaceo o telematico).

- opere tematiche di araldica, diritto nobiliare e critica giuridica.

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